FEDERICO RAMPINI<br>ALL YOU NEED IS LOVE. L’ECONOMIA SPIEGATA CON I BEATLES

FEDERICO RAMPINI
ALL YOU NEED IS LOVE. L’ECONOMIA SPIEGATA CON I BEATLES

FEDERICO RAMPINI<br>ALL YOU NEED IS LOVE. L’ECONOMIA SPIEGATA CON I BEATLES
Informazioni

di e con FEDERICO RAMPINI

e con

Valentino Corvino – violino, elettronica
Roberta Giallo – voce, tastiere, ukulele

Luci e Regia

Angelo Generali

Informazioni

All you need is love. L’economia spiegata con i Beatles, ovvero come rileggere la crisi e immaginare un futuro migliore attraverso le canzoni indimenticabili di John, Paul, George e Ringo… Attraverso i Beatles si può raccontare il mondo!

Erano quattro ragazzi cresciuti nella Liverpool povera degli anni Cinquanta. Non solo hanno rivoluzionato la pop music, ma in alcuni brani hanno “intuito” drammi e sfide dell’economia contemporanea. Dopo il successo di Occidente estremo , il noto giornalista e scrittore Federico Rampini, corrispondente da New York ed editorialista di Repubblica, torna a teatro con una nuova affascinante scommessa-accompagnato sul palco questa volta da Roberta Giallo e Valentino Corvino-con un nuovo spettacolo: musiche e provocazioni, autobiografia e denuncia, utopia e cambiamento.

Note d’autore
“Il mio modello di business? Sono i Beatles”. Così parlò Steve Jobs, il fondatore di Apple, uno che di business capiva qualcosa. Lui si riferiva soprattutto alla formula del collettivo che lo ispirava: vedeva i Beatles come un prodigioso moltiplicatore dei talenti individuali.
Il quartetto più indimenticabile della cultura pop fu anche una start-up di successo. Proiettò quattro ragazzi cresciuti nella Liverpool del primo dopoguerra, in una penuria da Terzo mondo, verso la stratosfera della ricchezza. Le loro canzoni, composte in un periodo di cambiamenti travolgenti come gli anni Sessanta, sono ricche di spunti per parlare di economia in modo semplice, divertente, provocatorio.
“Taxman” prefigura le rivolte fiscali. “Get Back” nasce come una satira dei primi movimenti xenofobi e anti-immigrati. “When I’m 64” anticipa la crisi del Welfare State da shock demografico. “Eleanor Rigby” e “Lady Madonna” evocano la nuova povertà che è in mezzo a noi. “Across the universe” con il suo richiamo al viaggio in India dei Beatles, ricorda quell’ “orientalismo” che precedette la globalizzazione. “Yesterday” con il tema della nostalgia ci costringe ad affrontare domande difficili: davvero si stava meglio “ieri”? Chi stava meglio? Quando, esattamente?
I Beatles non furono degli ideologi, le loro composizioni nascevano dall’intuizione, dall’emozione… e dall’aiuto chimico dell’Lsd. Ma la beatlemania si colloca nell’ultima Età dell’Oro per l’Occidente. Usare una musica così universale, è un modo per accompagnarci con dolcezza lungo una riflessione obbligata. Al termine di questa crisi, emergerà un nuovo “pensiero forte”, che cambi le regole dell’economia come seppe farlo Keynes dopo la Grande Depressione degli anni Trenta? Quali terapie innovative spuntano all’orizzonte? “Revolution”, una delle canzoni più politiche dei Beatles, ci riporta a un’epoca dove la gioventù abbracciava l’utopia egualitaria del marxismo, dal Maggio ’68 parigino alla Rivoluzione culturale maoista in Cina. Vent’anni dopo, la caduta del Muro di Berlino consegnò il mondo intero all’egemonia del pensiero unico neoliberista: da Shanghai alla Silicon Valley. Oggi tornano al centro dell’analisi economica le diseguaglianze sociali, con analisi di lungo periodo come quelle del francese Thomas Piketty che scatenano un enorme interesse negli Stati Uniti, la patria del capitalismo 2.0. Non è certo voglia di tornare… “Back in the U.S.S.R.”, e ritrovarsi daccapo nell’Unione sovietica, come scherzavano John Lennon e Paul McCartney. Ma la fantasia e la creatività che affascinarono Steve Jobs, oggi sono indispensabili anche per rigenerare l’analisi economica. Facendolo su una colonna sonora dei Beatles, certamente si seppellisce ogni pregiudizio contro la “scienza triste”.

Biografia
Scrittore e giornalista italiano, inizia la sua attività giornalistica nel 1977 a “Città futura”, settimanale della Federazione Giovanile Comunista Italiana di cui era segretario generale Massimo D’Alema; dal 1979 scrive per “Rinascita”, giornale che deve abbandonare nel 1982 dopo avervi pubblicato un’inchiesta sulla corruzione in seno al Pci.
In seguito è stato prima vicedirettore de “Il Sole 24 Ore” poi capo della redazione milanese e inviato del quotidiano “La Repubblica” a Parigi, Bruxelles e San Francisco. Come corrispondente ha raccontato dapprima le vicende della Silicon Valley; ha lasciato poi gli Stati Uniti per aprire l’ufficio di corrispondenza di Pechino. Ha insegnato alle università di Berkeley e Shanghai.
Nel 2005 ha vinto il Premio Luigi Barzini per il giornalismo, nel 2006 il Premio Saint Vincent.
È autore di numerosi saggi, tra cui: Le paure dell’America (Laterza 2003), Tutti gli uomini del presidente. George W. Bush e la nuova destra americana (Carocci 2004), San Francisco-Milano (Laterza 2004).
Per Mondadori ha pubblicato Kosovo (1999, insieme a Massimo D’Alema), Il secolo cinese (2005), L’impero di Cindia (2006) e L’ombra di Mao (2006).
Nel 2012 ha inaugurato una nuova collana per Laterza (Idòla) con un pamphlet intitolato “Non possiamo più permetterci uno Stato sociale” Falso!
Tra gli altri saggi pubblicati: Alla mia sinistra. Lettera aperta a tutti quelli che vogliono sognare insieme a me (Mondadori 2012), Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo. Manifesto generazionale per non rinunciare al futuro (Mondadori 2012), La via maestra. L’Europa e il ruolo dell’Italia nel mondo dialogo con il Presidente Giorgio Napolitano (2013 Mondadori), Banchieri. Storie dal nuovo banditismo globale (Mondadori 2013), San Francisco-Milano. Un italiano nell’altra America (Laterza 2013), La trappola dell’austerity. Perché l’ideologia del rigore blocca la ripresa (Laterza 2014).