LAURA CURINO<br>CAMILLO OLIVETTI

LAURA CURINO
CAMILLO OLIVETTI

LAURA CURINO<br>CAMILLO OLIVETTI
Informazioni

Alle radici di un sogno di Laura Curino e Gabriele Vacis / con Laura Curino / regia Gabriele Vacis
Fondazione del Teatro Stabile di Torino
in collaborazione con Associazione Culturale Muse

Informazioni

Laura Curino, una delle più straordinarie interpreti di teatro civile italiano, porta sul palco uno dei suoi cavalli di battaglia, Olivetti. La nascita di un sogno. Ci sorprende, ci fa riflettere e ci emoziona, raccontandoci com’è possibile fare impresa e investire sul capitale umano.

Lo spettacolo
Quando Gabriele Vacis cominciò a parlare di un testo sugli Olivetti cominciavano i tempi duri per Ivrea.
Ivrea è oggi un Paradiso perduto. Finiti i tempi in cui si poteva incontrare Lana Turner al caffè, e Doris e Constance Dowling, che fece perdere il cuore e la vita a Pavese.
I problemi di occupazione hanno incupito il volto della città che è stata la culla di un sogno urbanistico, industriale, culturale, civile, unico in tutta l’Europa. L’alluvione le ha anche smangiato a forza le rive della non più così cerulea Dora.
Il ricordo di quello che la città era stata era come rimosso, dimenticato.
E del resto la dimenticanza sembrava caduta in tutta Italia: chi parlava più di fabbriche belle, di città a misura d’uomo, di rispetto del territorio, di tecnologia al servizio del benessere?
Chi si ricordava di un luogo dove pittori, artisti, poeti dirigevano un’azienda?
Chi citava più un uomo, Adriano Olivetti, che aveva chiamato Le Corbusier per creare le case per gli operai, che costruiva fabbriche fra gli alberi, che aveva inventato l’urbanistica, il design, la psicologia del lavoro?
Dov’era la sua casa editrice, che dopo la guerra pubblicò i testi di filosofia, psicologia, sociologia, architettura, fino ad allora proibiti dal fascismo?
Chi aveva inventato la fabbrica che diventò la dimostrazione vivente, sana, solida e redditizia del fatto che il lavoro in fabbrica può non essere sinonimo di alienazione, inquinamento, malattia?
Il mio lavoro su Olivetti è un tentativo di rispondere a queste domande, sollecitare la memoria, ma anche rinnovare le leggende che si raccontavano quei bambini prigionieri dell’altro modello di fabbrica (la Fiat) nelle lunghe giornate passate in colonia.

Olivetti è la storia di Camillo, il pioniere, l’inventore, l’anticonformista capriccioso e geniale che fonda, agli inizi del Novecento, la prima fabbrica italiana di macchine per scrivere.
Con l’aiuto di biografie, interviste, testi letterari (indispensabile mi è stata l’arguta descrizione che di lui fa Natalia Ginzburg in Lessico Familiare) ne ho ricostruito la vita, le figure che gli ruotano attorno, l’ambiente e le imprese.
Ho poi affidato le voci narranti a due personaggi fondamentali della sua storia: la madre, Elvira Sacerdoti, e la moglie, Luisa Revel.
Queste due donne, provenienti entrambe da una cultura di minoranza (ebrea la prima, valdese la seconda) sono state le protagoniste silenziose della formazione e della realizzazione del sogno olivettiano. Mi è sembrato giusto riportare la loro voce in primo piano, paradigma delle tante voci femminili che in quegli anni hanno costruito nell’ombra.
E’ il racconto epico di un’avventura, e in quanto tale avvincente,pieno di colpi di scena, di prove da superare, di lotte, di amori, di eroi.
La cosa più straordinaria è che è…tutto vero.
Laura Curino

La recensione
C’è qualcosa di più della storia o del semplice racconto nelle parole che, dalla bocca di Laura Curino, scendono dal palco per bussare alle porte chiuse dei corpi degli spettatori, per aprirle e rubarne l’anima, la fantasia, l’immaginazione. Camillo Olivetti: alle radici di un sogno è uno spettacolo pieno zeppo di immagini, oggetti, profumi, sapori totalmente tangibili eppure inesistenti sul palco. Ad occupare la scena è la sola Curino con il suo bel parlare, la sua elegantissima voce e una maniera di “stare”, di “essere”, di “vivere” la scena del tutto particolare. Non c’è gesto che non sia finalizzato ad accompagnare le parole, non c’è movimento che non richiami in maniera inequivocabile un’immagine precisa e pulita, di quella pulizia squisita che avevano solo le storie del passato, fotografie in bianco e nero o color seppia, dimenticate in mansarda.

Storie di coraggio, di intraprendenza, di anticonformismo, come quella di Camillo Olivetti, un nome da sempre legato al design italiano del XX secolo, ma anche sinonimo di industria dal volto umano. Entrata in scena, prima di iniziare il suo racconto, Laura Curino gioca con la parola “lavoro” legandola al produrre teatrale per rilevarne la poetica, la sua meravigliosa importanza. Poi, cento anni di storia scorrono veloci come suoni, come cascate di dolci parole, fili tessuti come reti per catturare l’attenzione del pubblico. Gli occhi si sgranano, mentre sul palco si materializza lo sguardo della madre e della moglie di Olivetti, Elvira Sacerdoti e Luisa Revel,-protagoniste silenziose della formazione e realizzazione del sogno olivettiano-dal cui punto di vista la storia è raccontata. Tra i toni celebrativi di una delle più importanti menti italiane, tra gli aspri toni di implicita accusa ad un’Italia che ha dimenticato i fasti del suo passato, e infine tra i dati del racconto storico si insidia, come un filo d’oro, una leggera e sognante ironia, che si fa gioco dell’ateismo radicale di Olivetti, delle sue posizioni politiche, del suo modo di guardare il mondo e che richiama in maniera costante anche il pubblico. Interrompendo il racconto per far si che lo sguardo si distolga, solo per un attimo, da questa fotografia, da questa pellicola vintage, da questi meravigliosi oggetti del passato, Laura Curino riporta il pubblico alla realtà, al presente, per quei piccoli frammenti di tempo in cui ogni parola può essere ben assimilata.
E la bellezza di questo testo diviene una semplice perla incastonata nella dirompente poesia custodita nel corpo e nella voce di un’attrice senza tempo.

Matteo Antonaci, www.teatroteatro.it