Primo appuntamento della rassegna “Nuove scritture”: lunedì 6 novembre, ore 20.30, “Accabadora”

Primo appuntamento della rassegna “Nuove scritture”: lunedì 6 novembre, ore 20.30, “Accabadora”

Viste le numerose richieste, lo spettacolo, sarà allestito in Sala Grande invece che in Sala Palcoscenico come inizialmente programmato

Riletture innovative di testi classici e contemporanei in un’equilibrata alternanza di generi sono al centro della programmazione teatrale firmata dalla consulente prosa Claudia Cannella, che propone una carrellata dei migliori spettacoli in circuitazione, prodotti dai più prestigiosi teatri italiani. Si apre lunedì 6 novembre, con un’attesissima esclusiva regionale, il cartellone “Nuove Scritture”, percorso che si muove tra letteratura, memoria, poesia e impegno civile, parole chiave dei cinque titoli che compongono il percorso. Sul palco della Sala Grande del Verdi (invece che in Sala Palcoscenico come inizialmente programmato, viste le numerose richieste) di scena il monologo Accabadora tratto dal bellissimo e celebre romanzo di Michela Murgia (Giulio Einaudi Editore, Premio Campiello 2010), un racconto di insita teatralità e bruciante attualità che affronta un tema dibattuto come quello dell’eutanasia, La drammaturgia è firmata da Carlotta Corradi che nella riduzione teatrale parte dal punto di vista di Maria, figlia adottiva dell’accabadora Bonaria Urrai. A interpretarla è Anna Della Rosa, una delle attrici più in vista della scena italiana (ha lavorato con Toni Servillo, Lluís Pasqual, Martin Kusej, Pascal Rambert, Valter Malosti…), diretta dalla mano esperta della regista Veronica Cruciani.

In un paesino immaginario della Sardegna anni ’50, Maria, povera e orfana, viene adottata da Bonaria Urrai, una sarta che vive sola e all’occasione fa l’accabadora, colei che, secondo tradizione, aiuta le persone a morire. La parola, di tradizione sarda, prende la radice dallo spagnolo acabar che significa finire, uccidere. Agli occhi della comunità il suo però non è il gesto di un’assassina, ma quello amorevole e pietoso di chi aiuta il destino a compiersi. Maria cresce nell’ammirazione di questa nuova madre, più colta e più attenta della precedente, fino al giorno in cui scopre la sua vera natura. È allora che fugge nel continente per cambiare vita e dimenticare il passato. Anni dopo, quando l’anziana donna sarà in punto di morte, Maria tornerà per assisterla, con una toccante “resa dei conti” emotiva, perché l’accudimento finale è uno dei doveri dell’essere “figlia d’anima”, una forma di adozione concordata tra il genitore naturale e il genitore adottivo. È a questo punto della storia che comincia il testo teatrale. Maria è ormai una donna, o vorrebbe esserlo. Ma la permanenza sul letto di morte della Tzia mette in dubbio tutte le sue certezze. “Da subito ho immaginato il dialogo tra Maria e Tzia Bonaria”, spiega la regista, “come un dialogo tra sé e una parte di sé, tra una figlia e il suo genitore interiore. Per questo ho voluto realizzare uno spazio astratto, mentale, nel quale Maria cerca di rielaborare la morte della madre adottiva. Ciò darà origine ad un conflitto tra due aspetti di Maria: la parte rimasta bambina e la parte che deve diventare adulta”. Lo spettacolo è prodotto da Savà Produzioni Creative, ERT-Emilia Romagna Teatro ERT-Teatro Nazionale.


ufficio stampa Teatro Verdi Pordenone

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