CARMEN<br>Eleonora Abbagnato

CARMEN
Eleonora Abbagnato

CARMEN<br>Eleonora Abbagnato
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Balletto in due atti di  Amedeo Amodiodal racconto di  Prosper Merimée

Coreografia e regia  Amedeo Amodio
Musica  Georges Bizet 
Produzione Daniele Cipriani Entertainment

primi ballerini

ELEONORA ABBAGNATO Carmen
MICHELE SATRIANO Don José
GIACOMO LUCI Escamillo
GIORGIA CALENDA Micaela

Sigaraie:
VIRGINIA GIOVANETTI,  GLORIA MALVASO,  MARTA MARIGLIANI,  FLAVIA MORGANTE, SUSANNA SALVI, FLAVIA STOCCHI

Militari:
GIACOMO CASTELLANA, GIOVANNI CASTELLI, WALTER MAIMONE,  MARCO MARANGIO, VALERIO MARISCA, GIOVANNI PERUGINI, ALESSANDRO VINCI

Informazioni

Fulgida étoile dell’Opéra di Parigi e oggi direttrice del Corpo di Ballo dell’Opera di Roma, Eleonora Abbagnato ancora una volta indossa le vesti di Carmen, in un ruolo che esalta questa figura femminile dalla carismatica e passionale personalità. L’allestimento è quello onirico e visionario – più volte ripreso nei più prestigiosi teatri di tutto il mondo – di Amedeo Amodio, altro nome di grandezza assoluta nel mondo della danza.

“Ah, Carmen! Ma Carmen adorée!”. Sulle ultime note dell’opera si chiude il sipario.

In palcoscenico inizia lo smontaggio delle scene. A poco a poco il personale e quanti altri hanno assistito allo spettacolo da dietro le quinte, vengono catturati dai fantasmi del dramma appena trascorso e man mano, un gesto, una frase, uno sguardo li spinge ad immedesimarsi in ognuno dei personaggi, per puro caso. Sarà, dunque, per puro caso che Don José incontra Carmen, che rappresenterà per lui l’unico momento di vita autentica, intensa, ma anche quello della morte. A questo punto è tutto stabilito, meno il percorso o labirinto dei due destini ormai indissolubilmente legati. Così si potranno creare accostamenti scenici imprevedibili e surreali, ma sempre volti verso un’unica fine. Sarà comunque Carmen, profondamente consapevole dell’ineluttabilità del momento finale, a condurre il gioco trasgressivo ed eversivo, in un impossibile tentativo di sfuggire alla sua sorte. La scena, come la musica, si svuota durante lo svolgimento del racconto, fino a rimanere nel momento finale completamente scarna, desolata ad esprimere la “solitudine tragica e selvaggia” di una donna che cerca di affermare il proprio diritto all’incostanza.

Amedeo Amodio