LELLA COSTA<br>FERITE A MORTE

LELLA COSTA
FERITE A MORTE

LELLA COSTA<br>FERITE A MORTE
Informazioni

di Serena Dandini
con la collaborazione ai testi di Maura Misiti
con Lella Costa, Orsetta de’ Rossi, Giorgia Cardaci, Rita Pelusio

messinscena a cura di Serena Dandini

aiuto regia Francesco Brandi

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Ferite a morte

Serena Dandini, autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici, certamente fra coloro che più hanno sperimentato e innovato il linguaggio televisivo-ha attinto dalla cronaca e dalle indagini giornalistiche per dare voce alle donne che hanno perso la vita per mano di un marito, un compagno, un amante o un “ex”. Per una volta, sono loro a parlare in prima persona. Come in una Spoon River del femminicidio, ognuna racconta la sua storia là da dove si trova ora e riprende vita e spessore, uscendo finalmente da una catalogazione arida e fredda.

Dandini, con la collaborazione ai testi e alle ricerche di Maura Misiti, ricercatrice del Cnr, ha scritto una breve storia per ciascuna di loro, pensata in chiave teatrale per sensibilizzare, attraverso il linguaggio della drammaturgia, le istituzioni italiane e l’opinione pubblica circa un fenomeno dai dati ancora incerti, ma che comporta in Italia una vittima ogni due, tre giorni.

La scena teatrale e sobria: un grande schermo rimanda filmati ed immagini evocativi, la musica accompagna le donne a raccontare la loro storia assieme agli oggetti che hanno caratterizzato la loro tragica avventura. Sul palco, ad interpretare le vittime, quattro donne che si alternano a dare voce a queste storie. “Tutti i monologhi di Ferite a morte – spiega Serena Dandini – ci parlano dei delitti annunciati, degli omicidi di donne da parte degli uomini che avrebbero dovuto amarle e proteggerle. Non a caso i colpevoli sono spesso mariti, fidanzati o ex, una strage familiare che, con un’impressionante cadenza, continua tristemente a riempire le pagine della nostra cronaca quotidiana. Dietro le persiane chiuse delle case italiane si nasconde una sofferenza silenziosa e l’omicidio è solo la punta di un iceberg di un percorso di soprusi e dolore che risponde al nome di violenza domestica”.

Il progetto
Ferite a morte ha debuttato a Palermo il 24 novembre 2012, alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, e successivamente ha fatto tappa a Bologna, Genova, Milano, Firenze, Roma, Torino… Tutti gli eventi teatrali sono stati occasione di sostegno alla rete D.i.Re, che accorpa tutti i centri antiviolenza in Italia, e alla Convenzione NO MORE! che chiede al Governo e alle istituzioni italiane di discutere urgentemente le proposte in materia di prevenzione, contrasto e protezione delle donne dalla violenza maschile.

Sempre sold out, con l’autunno 2013 “Ferite a morte” ha preso due strade: un tour internazionale che è approdato all’Onu a New York, nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne, e ha fatto tappa anche a Washington, Bruxelles e Londra; contemporaneamente è partirà una tournée sul territorio nazionale che ha esordito in ottobre. Da gennaio 2013 Ferite a morte è anche un libro edito da Rizzoli, balzato in pochi giorni in cima alle classifiche dei lettori e oggi è anche un blog che raccoglie e diffonde notizie sul tema della violenza alle donne, al quale sono associati una pagina Facebook e un profilo Twitter.

L’intervista
Lella Costa non ha bisogno di presentazioni: la sua brillante carriera sui palcoscenici italiani l’ha resa una vera e propria icona del teatro civile. L’incontro con Ferite a morte risale alle origini del progetto, per il quale sin da subito Lella ha dato voce alle vittime di femminicidio. Ora è lei a raccogliere in prima persona il testimone di questa avventura e a guidare il cast di questo nuovo allestimento.

Ferite a morte traduce un tema di scottante attualità nel linguaggio della scena. In diverse occasioni, nella sua carriera, i suoi monologhi teatrali hanno tentato di scuotere la coscienza del pubblico, specie di quello maschile. Che bilancio traccia di quest’esperienza?
“Mi sembra complessivamente di avere avuto nel tempo delle reazioni positive,e comunque delle reazioni, che è già qualcosa, ai temi che ho via via affrontato e “lanciato” al pubblico ( oltre alle questioni strettamente “di genere”, la memoria, la guerra, l’uso doloso del linguaggio, il tempo, la prostituzione, i fraintendimenti amorosi e, appunto, la violenza sulle donne ,anche prima di Ferite a morte).Tenendo conto che in generale la grande maggioranza del pubblico del teatro è costituito da donne, e che magari a vedere me la percentuale sale ulteriormente, mi sembra di poter dire che una discreta percentuale di uomini ha avuto voglia di venirmi a incontrare in camerino, in genere per parlarmi e anche per ringraziarmi. Con le donne avviene sicuramente molto più spesso e con intensità e complicità diverse, ma, come si dice, ci sta tutto”.

La cosiddetta questione femminile, guardando non solo i dati relativi relativi al femminicidio, ma anche l’occupazione, la parità salariale e le pari opportunità in genere, sembra essere un grande irrisolto della società italiana. Secondo lei perché?
“Direi che non è soltanto una realtà italiana, anche se da noi certi aspetti- soprattutto quelli che riguardano la parità salariale e il lavoro in genere- sono forse più smaccati e evidenti. Credo che abbia a che fare innanzitutto con una cultura profondamente sessista che ha fatto sì che il delitto d’onore sia stato derubricato solo in tempi recenti, e lo stesso dicasi per lo stupro, che non a caso prima veniva considerato reato contro la morale e non contro la persona: direi che questo la dice lunga su una percezione “reificata” della donna assai difficile da estirpare. Mi sembra che da noi, molto più che in altri paesi occidentali ( degli altri so troppo poco) sia stata fatta surrettiziamente passare l’idea che la “questione femminile” riguardasse le donne, mentre sappiamo bene che non esiste una sola questione femminile che non riguardi l’intera umanità, e l’intero pianeta”.